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Riassunto dell’introduzione al Simposio di Platone, ed. Einaudi

Il Simposio è uno dei dialoghi erotici del corpus platonico. In esso si chiarisce la natura di eros in quanto figura del filosofo e collaboratore di quest’ultimo nel cammino che conduce alla contemplazione delle idee. 

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Platone, Simposio, Einaudi, riassunto

Nel 416 a.C. il poeta tragico Agatone vince una gara di poesia alle feste Lenee di Atene. Organizza quindi un banchetto per festeggiare questa sua vittoria. I partecipanti – oltre ad Agatone, il medico Erissimaco, il retore Pausania, l’amante dei discorsi Fedro, il poeta comico Agatone e Socrate, con l’incursione finale dello stratego Alcibiade – si sfidano l’un l’altro nel fare l’encomio di eros, che, si dice, non era stato ancora lodato in maniera adeguata.

L’amore di cui si parla è legato all’istituzione della pederastia, cioè del rapporto didattico e amoroso tra un maschio adulto e libero (erastês, ‹ amante ›) e un ragazzo (erômenos, ‹ amato ›). Nella visione tradizionale, che Platone contesterà, il ragazzo – cui non è concesso di provar desiderio né di essere attivo nel rapporto sessuale – si concede fisicamente all’amante, ricevendone in cambio insegnamenti che lo conducano alla virtú.

Fedro. Il discorso di Fedro comincia asserendo che eros è il più antico degli dèi ed è privo di genitori. La sua azione ispira vergogna e senso dell’onore: le azioni dell’amante e dell’amato sono cosí messe sotto controllo da questi due sentimenti. Ma solo l’amante è ispirato dal dio, per questo è disposto a dare la vita per l’amato. La visione di Fedro è ancora legata alla visibilità dei comportamenti e a quella che Eric Dodds chiama la « cultura della vergogna ».

Pausania. Eros, dice Pausania, non è unico. Dal momento che esistono due Afroditi – Afrodite Urania, la piú antica, che si rivolge solo verso i ragazzi e verso le anime; Afrodite Pandemia, la piú giovane, che si rivolge indistintamente verso uomini e donne e si concentra sui corpi –, esistono anche due tipi di eros che riflettono quella divisione.

Il gesto del concedersi da parte dell’erômenos è, di per sé, neutro, né bello né brutto. È il modo in cui ci si concede che è bello o brutto: se il ragazzo si offre per ricevere un’educazione alla virtú, compirà un atto bello, che tale rimarrà anche se sarà ingannato (« bello si rivelerebbe l’inganno » 185b).

Che il gesto, in sé, non abbia connotazione alcuna è del resto dimostrato – dice Pausania – dalle differenti leggi che normano la pederastia nelle varie zone della Grecia. In Elide e in Beozia, regioni carenti di abili oratóri, si facilitano i rapporti dichiarando il concedersi sempre bello: in questo modo anche un amante incapace di persuadere con le parole potrà trovare soddisfazione.

In Ionia, invece, si considera il concedersi sempre brutto, perché colà i governanti sono tiranni e vogliono quindi evitare che, attraverso il rapporto di amicizia, si possano creare rivolte al loro regime, come accadde con Armòdio e Aristogítone.

Ad Atene, invece, eros è considerato sia bello, perché si tratta con indulgenza l’amante in preda a follia amorosa, sia brutto, perché si mette in guardia l’amato contro le insidie di un amante insincero.

Erissimaco. Il medico Erissimaco impronta il suo discorso sulla sua stessa tecnica, quella della medicina. Rispetto a Pausania, però, allarga la visione al cosmo intero. Eros pervade tutte le cose, ma esiste un eros buono e un eros cattivo. Quello buono è principio di armonizzazione tra dissimili; il medico è in grado di presiedere a quest’armonizzazione.

Aristofane. Il mito dell’androgino raccontato da Aristofane, se contrasta la concezione di Erissimaco di un’armonizzazione tra dissimili, giustifica la forza del sentimento amoroso. In principio, gli esseri umani erano sferici, avevano quattro gambe, quattro braccia, due teste rivolte in senso contrario. Tre erano i sessi: maschio, femmina e androgino. Gli esseri umani, allora, erano formidabili, tanto che provarono ad assaltare l’Olimpo.

Zeus puní questa loro irriverenza tagliandoli in due. Da quel momento, ciascuna metà avrebbe cercato di ricongiungersi all’altra, uomini con uomini, donne con donne, uomini con donne. Ma, quando le due metà si congiungevano, desideravano solo rimanere insieme senza trovare soddisfazione e senza pensare ad alimentarsi e a occuparsi d’altro; e cosí morivano.

Zeus allora s’impietosí: spostò gli organi genitali in modo tale che gli esseri umani potessero unirsi nell’atto sessuale. Coloro che in origine erano androgini avrebbero allora generato figli; le due metà dell’uomo e della donna, invece, avrebbero trovato una momentanea soddisfazione del loro desiderio che avrebbe permesso loro di dedicarsi alle occupazioni del vivere.

Agatone. Il discorso piú atteso è quello di Agatone, ospite e vincitore dell’agone poetico. Egli sostiene che Eros è il piú giovane degli dèi, ed è bello, temperante, coraggioso e sapiente.

Socrate. Il discorso di Agatone viene smontato da Socrate. Eros non è bello, perché è desiderio e il desiderio evidenzia una mancanza e tende a colmare quella mancanza. La sapienza erotica di Socrate – l’unica forma di sapienza in cui egli dirà di essere versato – è dovuta, dice, a una sacerdotessa di Mantinea, Diotima.

Ella gli rivelò la genealogia di Eros, che non è bello né sapiente, e non è nemmeno un dio, ma un demone, un essere intermedio fra gli dèi e gli uomini. Eros nacque dal rapporto tra Penia (povertà) e Poros (risorsa), avvenuto durante il banchetto che celebrava la nascita di Afrodite. Cosí, si capisce perché eros sia povero, ma tenda sempre a impadronirsi della bellezza usando espedienti e macchinazioni.

Ma eros non è neanche desiderio del bello: è desiderio di procreazione nel bello. Se gli esseri umani non solo desiderano il bello, ma desiderano anche possederlo stabilmente; e se la sola forma di possesso stabile, cioè d’immortalità, loro concessa è quella della procreazione, allora eros non potrà che spingere a procreare nel bello. E la procreazione non è intesa solo in senso fisico. Coloro che sono « gravidi », dice Diotima, secondo il corpo, procreeranno figli; coloro che sono « gravidi » secondo l’anima, procreeranno discorsi e virtú.

Tra questi ultimi c’è il filosofo. Egli, percorrendo la scala amoris fino in cima, raggiungerà la contemplazione delle idee in sé: dall’amore per un corpo bello passerà a quello per la bellezza di tutt’i corpi; poi proseguirà a contemplare la bellezza delle anime, delle leggi, delle scienze e, infine, la bellezza in sé.

Alcibiade. Irrompendo improvvisamente nel banchetto, Alcibiade interrompe le lodi che i presenti stavano facendo al discorso di Socrate. Entra ubriaco, accompagnato da festaioli, ed è invitato a fare anche lui l’elogio di Eros. Ma dice di voler fare, invece, l’encomio di Socrate. Nel suo discorso ripercorre le vicende puntuali e particolari della sua storia con Socrate.

Alcibiade è cosí avvinto dalle qualità di Socrate, di cui è erômenos, da arrivare a comportarsi come erastês. Gli tende insidie perché gli trasferisca la sua sapienza, ottenendone però un secco rifiuto. Per Socrate, Alcibiade è ancora troppo amante degli onori terreni; è inadatto alla ricerca della sapienza perché è ancora legato al modello erastêserômenos, in cui il primo trasferiva tutto il suo sapere al secondo, in un rapporto diseguale.

Socrate, invece, desidera che Alcibiade si avvii alla vera sapienza: il percorso per arrivarci è un progressivo perfezionamento individuale attraverso la dialettica, non un passivo « indottrinamento » da parte di qualcuno considerato « sapiente ».

Riassunto dell’introduzione al Fedro di Platone

 
Platone, Fedro, Einaudi, Riassunto

Platone, Fedro, Einaudi 2011. Riassunto dell’introduzione di Mauro Bonazzi, che tocca per sommi capi i temi del dialogo.

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