Età della vita, età delle cose – Remo Bodei, Trento, 1 giugno 2012

Riassunto dell’intervento di Remo Bodei al Festival dell’Economia dei Trento il 1° giugno 2012.

Nelle società contemporanee
è mutato il ruolo degli anziani
(Immagine di leroys).

La parola « imbecille » deriverebbe dal latino in– e baculum, ‹ bastone ›, cioè ‹ che si regge col bastone › oppure, con prefisso in– sottrattivo, ‹ che è privo del bastone ›, cioè del sostegno.

Per gli antichi l’infanzia è un tormento, perché era il periodo della vita in cui i bambini venivano picchiati. Il cardinale Pierre de Bérulle, contemporaneo di Cartesio, disse che la vera Passione di Cristo fu l’aver trascorso l’infanzia, non l’aver sofferto la crocefissione.

Anticamente, a partire da Aristotele, si sviluppò la tripartizione delle età della vita: la giovinezza, caratterizzata da eccesso di passione; la maturità, età delle pienezza e della medietà; la vecchiaia, che si distingue per carenza di passione.

Aristotele, nel secondo libro della Retorica, divide l’età dell’uomo in tre fasce. Agostino arriverà a contarne sei. Le prime crepe in questa tripartizione della vita si notano nel Seicento, dopo le grandi pestilenze.

Da questo periodo, l’infanzia incomincia a staccarsi dalla giovinezza, nella quale era prima ricompresa. La scoperta dei telomeri ha fatto comprendere come la vita sia una specie di « suicidio programmato », in quanto questi telomeri si accorciano a ogni riproduzione cellulare. Oggi si stanno progettando metodi per impedire o rallentare questo accorciamento, permettendo cosí un allungamento della vita. (C’è però da dire che è la solitudine a far paura quando s’invecchia, piú che la prospettiva stessa della morte: la solitudine del morente rende la vecchiaia piú drammatica.)

I progressi della scienza aprono a scenari futuribili, come quello dello human enhancement, l’« arricchimento umano », che promette, nel volgere di alcuni decenni, di migliorare l’efficienza degli organi attraverso l’impianto di microcircuiti.

Con Freud tramonta l’idea dell’innocenza dell’infanzia. Essa viene ora smitizzata, anche se già negli antichi, come abbiamo visto, era mal vista, sebbene per motivi non scientifici. Tramonta l’idea classica di natura umana: si va verso un antidestino e un cambiamento della struttura delle età della vita.

Oggi, l’infanzia è prolungata e la vecchiaia negata, laddove, nell’antichità classica, quest’ultima era il culmine della vita umana. Oggi, inoltre, a differenza che in antico, sarebbe una tragica ironia affermare che i giovani sono caratterizzati dalla speranza e i vecchi dall’assenza di speranza. I figli e i nonni erodono lo spazio della maturità.

Nel salmo 89 della Bibbia si dice: « Gli anni della nostra vita sono settanta, ottanta per i più robusti » 1. Nel salmo 127 si parla di « figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa » 2.

Dante, nel Convivio, immagina la vita come un arco. Gli Oeconomica, attribuiti a Aristotele ma probabilmente opera di un suo allievo, rappresentano il modello della oikonomía fino al Seicento: vi si afferma che, fino ai primi trentacinque anni, i genitori aiutano i figli; poi, sono i figli a aiutare i genitori. Lo Stato sociale ha aggirato questo modello.

Con lo Stato sociale si è verificato lo spostamento dalla reciprocità della famiglia alla società. Lo Stato sociale fu inaugurato da Bismarck in Germania; in Italia, da Giolitti nel 1900, col « chinino di Stato ». La crisi economica ha accentuato il declino dello Stato sociale e si è evidenziato che lo sdoganamento dei desideri, il consumismo, è finito.

L’incertezza del futuro fa accantonare il consumismo. Si restringe il ruolo e il senso della maturità. Il « forever young » di Bob Dylan è stato accolto da tutte le categorie d’età. Il declino della figura paterna già notato da Adorno ha fatto sí che il vuoto venisse riempito dai capi carismatici delle dittatura totalitarie.

I padri che si comportano come fratelli o amici fanno di tutto per evitare i traumi e le difficoltà della vita. Christopher Lasch scrisse in Haven in a Heartless World (1977) che un aumento della legittimazione dei rapporti orizzontali costringe a continui patteggiamenti.

In Giappone, i nonni furono una figura centrale per millenni; l’assorbimento della tradizione europeizzante ha eroso il rapporto coi nonni. Il nonno ha (aveva) una funzione vicaria verso i genitori. I nonni però non esercitano autorità, che è lasciata ai genitori.

Nel 1840, lo stesso Tocqueville notò questo mutamento della figura paterna, la fine del legame verticale col passato, nelle società democratiche come gli Stati Uniti. Il singolo è immemore dei suoi avi e irresponsabile verso i suoi discendenti: rischia così di restare murato nella solitudine del suo cuore.

In Danimarca, l’ottanta per cento dell’eredità va allo Stato, che redistribuisce il reddito grazie allo Stato sociale. Il problema della trasmissione dei beni deve entrare nell’ottica di una distribuzione. Il testamento stabilisce un legame materiale fra generazioni.

Vengono trasmesse tracce di vite precedenti, con un scambio che risponde alla logica del dono. La stessa logica del dono dovrebbe entrare anche in famiglia. Essa dovrebbe sostituire il do ut des: le Tre Grazie (secondo l’interpretazione data da Seneca) rappresentano un circolo virtuoso, quello del dare, del prendere e del restituire.

In Romeo and Juliet, la protagonista dice che più dona più riceve, in una cripto-citazione di Seneca. Serge Latouche sostiene la necessità di arrestare la moltiplicazione dei desiderî, per abbracciare un’« abbondanza frugale ».

I desiderî dovrebbero essere sostituiti da risorse immateriali. Segno questo – qualunque ne sia l’esito – che lo sviluppo non può andare avanti all’infinito, ma la soluzione è la redistribuzione attraverso le generazioni. Dante sostiene l’orgoglio di dare di più di quel che si è ricevuto. Nel De Monarchia, ricordando le parole di Brunetto Latini (che affermò che dobbiamo fare tesoro della cultura perché non ci potrà mai essere tolta), egli dice che chi fa così è come una voragine che accumula senza restituire, mentre Dante, con la sua Divina Commedia, ridette più di quel che ricevette.

Dante applica questo modello a sé stesso. Il dono, però, ha anche un effetto perverso, come nel caso del potlach. Autorità deriva da « augeo », ‹ aumento ›. Essa è « più che un consiglio e meno che un ordine ». Esprimere un ordine diminuisce l’autorità, perché implica l’esercizio di un certo grado di violenza, che serve ad applicare la propria autorità.

Siamo oggigiorno in una società toyotista, la società della produzione « just-in-time »: la pubblicità fa ricadere sul consumatore il destino dell’economia, che ha bisogno di consumo per esistere.

Ci sono due tipi di consumismo: quello del consummare, ‹ sommare insieme, portare a compimento, finire ›, e del consumĕre, ‹ distruggere, esaurire, spendere ›. Il primo è il consumismo buono, il secondo quello cattivo.



1 « Dies annorum nostrorum sunt septuaginta anni
aut in valentibus octoginta anni » FONTE

2 « filii tui sicut novellae olivarum
in circuitu mensae tuae » FONTE