L’anafonesi toscana

di Giampaolo Donini

L’anafonesi è un fenomeno fonetico tipico, nel Medioevo, del solo fiorentino e del toscano occidentale, per cui le ĭ e le ŭ latine si sviluppano in í e ú, invece che in é e ó, se seguite da consonanti palatali come [ɲ] e [ʎ] o da [ŋ] (nasale velare). È una delle principali caratteristiche fonetiche che mostrano l’origine fiorentina (e toscana) dell’italiano.

Si distinguono due tipi di anafonesi, secondo l’epoca in cui essa si sviluppò. La prima si ebbe in epoca tardoimperiale, attorno ai secc. III e IV, dopo che si compí la palatalizzazione dei nessi -LJ- e NJ-: per influsso delle nuove consonanti che ne derivarono, le ĭ non mutarono in é, ma in í, come in CONSǏLJU(M) > consiglio (a riguardo di un «regolare» *conséglio) o VǏNJA(M) (class. VǏNEAM) > vigna (a riguardo di un *végna). È evidente che la produttività di questo fenomeno dovette svanire prima che il nesso -GN- latino (pronunciato, ancora in epoca imperiale, come [gn]) si palatalizzasse; se cosí non fosse, avremmo *ligno e *digno al posto di legno (< LǏGNU(M)) e degno (< DǏGNU(M)).

Il secondo tipo di anafonesi, che si ebbe in epoca piú tarda, verso la fine del IV secolo e per tutto il V, riguarda sia le ĭ sia le ŭ e si attiva per effetto della presenza della consonante nasale velare [ŋ]: es. giungo (IǓNGO), vinco (VǏNCO). Il potere d’innalzamento della vocale precedente è piú forte col nesso –ng– che col nesso –nk-: infatti, se abbiamo giunco (JǓNCU(M)) abbiamo tuttavia anche tronco (TRǓNCU(M)).