Il patto narrativo

di Giampaolo Donini

Nella narrativa naturale e spontanea si raccontano fatti realmente accaduti — pur manipolati involontariamente: il narratore, per quanto si proponga d’esser fedele alla realtà storica, non potrà fare a meno d’introdurre elementi fittizi, dovuti al fatto ch’egli rivive nel presente un avvenimento del passato, rielaborandolo.

La narrativa artificiale (letteraria), invece, si prefigge programmaticamente, per cosí dire, di manipolare la realtà per fini estetici ed espressivi. Gli avvenimenti narrati e i personaggi descritti dagli scrittori sono immaginari, anche quando lo spunto proviene loro da avvenimenti reali.

Cesare Segre definisce lo scrittore un « bugiardo autorizzato » [voce Finzione dell’Enciclopedia Einaudi], elencandone al riguardo tre diritti:

  1. diritto di « istaurare mondi possibili », immaginari;
  2. diritto all’« onniscienza » su questi mondi: il narratore conosce i pensieri e le sensazioni piú riposti dei personaggi;
  3. diritto alla « selezione di carattere funzionale »: il narratore sceglie di raccontare solo alcuni fatti del continuum della realtà empirica.

Dunque anche quando si propone di raccontare un avvenimento del mondo reale la narrazione letteraria non si allontana dalla dimensione dell’immaginario.

In questo senso, verosimiglianza non corrisponde affatto a verità. Piú che di probabilità oggettiva, si tratta allora di credibilità verso il pubblico dei lettori, tant’è che possono esserci fatti realmente accaduti che non godono di questa credibilità presso il pubblico (es. Il fu Mattia Pascal fu tratto da una storia vera, ma Pirandello ricevette molte critiche d’inverosimiglianza, tanto da esser costretto a pubblicare una postilla di precisazione). Il possibile non è sempre verosimile, quindi credibile.

La credibilità presso il pubblico è una condizione importantissima per l’esistenza stessa della narrativa letteraria. Cosí gli scrittori si studiano — e si sono sempre studiati — di aumentare con alcuni espedienti la verosimiglianza di ciò che raccontano.

In questo processo, il lettore coopera a dotare il testo di un senso. In primis, egli decifra i simboli presentati sulla carta; e, in secondo luogo, fa supposizioni fondamentali su quel che sta decifrando. In terzo luogo, integra la lettura con conoscenze e strategie d’interpretazione: « conoscenza del mondo, di codici, sottocodici », ecc.

Il lettore compirà una serie d’inferenze a partire dalla lettera del testo. Alcune saranno pertinenti secondo il contesto narrativo; altre non lo saranno. Per esempio, istituire un paragone tra realtà fittizia e realtà empirica porta a fare inferenze non pertinenti (è utile sapere di che colore sono gli occhi di Don Abbondio per comprendere la scena del suo incontro coi bravi?).

Ci possono essere d’altro canto testi ambigui, ellittici, contraddittòri, che smentiscono le inferenze del lettore. Non può essere tuttavia negata la funzione d’interpretazione del lettore: senza le sue domande e inferenze, non si darebbe critica del testo. Esso sarebbe dato una volta per tutte e parte della sua funzione sociale svanirebbe.

Le modalità di lettura

Possiamo distinguere tre tipi diversi di lettura di un testo:

  1. lettura ingenua. Si tratta di un abbaglio, un errore di prospettiva: il lettore scambia la storia raccontata dal narratore per una storia vera, anche quando di vero non c’è nulla, nemmeno il pretesto per raccontarla. Il lettore ingenuo s’illude dunque che i personaggi abbiano una vita autonoma dalla pagina scritta e dall’originaria invenzione del narratore. Egli dunque stabilisce un raffronto tra la realtà fittizia del racconto e la realtà empirica, in cui è immerso. Chiedersi se Don Rodrigo, nei Promessi Sposi, era davvero cattivo, oppure fantasticare sulla vita matrimoniale di Renzo e Lucia sono due esempi di lettura ingenua;
  2.  

  3. lettura disponibile. Un lettore disponibile sa che quella che sta leggendo è una storia fittizia, eppure è disposto, appunto, a considerarla come se fosse vera (verosimile, dunque). In questo processo di accettazione della verosimiglianza della storia, egli allenta le sue facoltà critiche e talvolta financo la coscienza di sé per immedesimarsi nei personaggi e addentrarsi nella storia. Egli accetta il patto narrativo con lo scrittore e sospende l’incredulità.
  4.  

  5. lettura critica. Una volta letto il testo accettandone il patto narrativo, lo specialista — es. il critico letterario, il semiologo, ecc. — può compiere un’altra operazione: può leggere il testo in maniera critica. Cosí facendo, egli riconoscerà la storia come opera dell’immaginazione e non si farà coinvolgere dalle vicende dei personaggi. Il meccanismo dell’immedesimazione e della perdita delle facoltà critiche non scatta, perché ora l’attenzione è tutta rivolta all’analisi del testo, alla ricerca di relazioni di significato e della giusta interpretazione di alcuni passi. È per questo motivo che la lettura critica non è lineare: non va infatti dall’inizio alla fine, rispettosa dell’ordine imposto dal narratore, ma avanti e indietro.

 

Affinché si possa stipulare un patto narrativo occorre che la storia sia verosimile (anche se non è sempre cosí, si badi bene). L’immedesimazione è infatti un prodotto dell’accettazione della storia.

Il narratore invita il lettore a entrare nelle vicende dei personaggi, predisponendolo cosí a vivere un’esperienza simulata di vita, con tutto il corredo di emozioni che ciò comporta.

Sarebbe tuttavia sbagliato istaurare un rapporto tra la verosimiglianza letteraria e la possibilità che un avvenimento fittizio si verifichi nella realtà empirica. La verosimiglianza letteraria dipende solo in parte dalle relazioni che l’evento narrato istituisce nella realtà; essa, a dir vero, dipende in larga parte dalle convenzioni, storicamente e socialmente determinate, riguardanti i vari generi letterari.

Ecco perché è forse meglio adottare un termine meno ambiguo, come accettabilità del patto narrativo, scongiurando cosí la tentazione di mettere in relazione il mondo vero col mondo immaginato.

Il rapporto tra realtà e finzione e tra possibilità e verosimiglianza muta secondo due tipi di convenzioni:

  1. a seconda delle regole dei diversi generi letterari (è normale aspettarsi fantasmi, scheletri e messaggi dall’oltretomba in un’opera gotica);
  2. a seconda dei diversi contesti socio-culturali e delle diverse epoche (il realismo pasoliniano, che arriva ad arieggiare il vernacolo, sarebbe stato inaccettabile in altre epoche, perché considerato troppo realistico).

Per mantener valido il patto narrativo, al lettore sarà dunque richiesto non solo di adeguarsi alle regole del genere letterario a cui appartiene l’opera, ma anche di adattarsi alle convenzioni storiche e culturali specifiche nel rispetto delle quali l’opera fu creata.


BIBLIOGRAFIA
H. Grosser, Narrativa, Milano: « Principato », 1985